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FOCUS
Le recenti scelte politiche hanno di fatto segnato la morte del
motore a combustione interna. Questo non significa semplicemente
eliminare una tipologia di motore dal mercato, ma cancellare di
colpo oltre 150 anni di conoscenza che si sono acquisiti nel tempo,
non solo per l’ottimizzazione del motore stesso, ma anche per tutti
i componenti ed i materiali che lo costituiscono. Dall’università
all’industria, tutto quanto è stato insegnato, studiato e
sviluppato, sino ad oggi, sparirà per sempre, in quanto si tratta
nella maggior parte di conoscenze specifiche per questa tipologia di
motore, e quindi raramente convertibili in altri ambiti. Questo
inevitabilmente distruggerà tutte le aziende e le figure
professionali che operano in questo settore con danni economici ed
umani di notevole impatto.
Visto il danno incalcolabile di queste scelte politiche, nasce
quindi spontanea la domanda, è davvero imprescindibile muoversi in
questa direzione, o è possibile fare scelte che contemplino le
esigenze ambientali, e nel contempo conservino e sfruttino il
patrimonio di conoscenza sin qui acquisito?
La risposta è che non solo sarebbe possibile, ma sarebbe
auspicabile, e questa risposta non nasce dalla volontà di difendere
ad ogni costo un determinato settore, ma è indotta dall’analisi
delle scelte che si stanno facendo e dove effettivamente porteranno.
La richiesta energetica del settore dei trasporti è considerevole,
ma è anche in costante aumento, soprattutto per l’incremento del
trasporto pesante. Secondo una stima facilmente calcolabile
l’energia supplettiva necessaria per elettrificare i trasporti
sarebbe pari al 50% dell’energia elettrica attualmente consumata in
Italia. Nel caso della totale adozione di veicoli elettrici ci si è
quindi domandati come l’attuale rete elettrica possa consentire di
fornire questa energia, quando già attualmente la semplice
accensione di condizionatori in molte zone del paese sovraccarica la
rete e genera black-out?
Ammettendo anche che la rete elettrica sia in grado di fornire tutta
l’energia necessaria per i trasporti, ci si è domandati da dove
deriverebbe questa energia elettrica? Sarebbe tutta ricavata da
fonti non inquinanti, o si finirebbe solo per spostare la zona dove
viene creato l’inquinamento?
Attualmente in Italia solo il 30% dell’energia è prodotta da fonti
rinnovabili, mentre il restante 70% utilizza combustibili fossili,
inoltre già con l’attuale richiesta energetica è necessario
importare dall’estero un 10-12%.
Già dall’analisi di questi pochi dati è facile capire come la scelta
di puntare tutto sulla propulsione elettrica non solo ha delle
difficoltà di attuazione pratica, ma presenta dei limiti anche sul
progresso ambientale che globalmente se ne otterrebbe. Infatti oltre
all’inquinamento generato per produrre l’energia elettrica
necessaria per i trasporti si ingenererebbero ulteriori problemi di
interesse ambientale come ad esempio lo smaltimento delle batterie,
ecc.
In base alle scelte fatte finora è facile prevedere gli scenari
realistici che ritroveremo nei prossimi anni.
In primo luogo tutte le aziende e attività legate ai motori a
combustione interna cesseranno ogni tipologia di sviluppo e di
investimento, e nel tempo andranno progressivamente ad una riduzione
di organico sino alla chiusura.
Le scuole e le università formeranno ancora per diversi anni figure
professionali le cui conoscenze risulteranno in brevissimo tempo
totalmente inutili.
Dal fronte ambientale invece non si avranno sostanziali
miglioramenti, infatti per quanto sopra spiegato, il passaggio
all’elettrificazione di fatto non potrà avvenire come si sogna.
Tutto il trasporto pesante, che sarà in costante aumento, e che
determina una grande percentuale dell’inquinamento generato dai
trasporti, necessita di mezzi con prestazioni di potenza e durata
attualmente totalmente incompatibili con la propulsione elettrica,
quindi rimarrà forzatamente alimentato con motori a combustione
interna, che però non avranno ulteriori sviluppi per ridurre
l’inquinamento. Per le auto ci sarà invece un graduale aumento
dell’elettrico che determinerà un aumento della richiesta di energia
elettrica, la quale essendo prodotta per il 70% con combustibili
fossili, determinerà un aumento dell’inquinamento prodotto dalle
centrali elettriche in Italia, oppure un incremento dell’acquisto di
energia elettrica da altri paesi, le cui modalità di produzione
potrebbero essere addirittura più inquinanti (vedasi centrali a
carbone).
Ovviamente nel tempo si faranno progressi che consentiranno di fare
mezzi elettrici adatti alle necessità del trasporto pesante, e anche
se con tempi molto più lunghi, si incrementerà la produzione di
energia elettrica con fonti rinnovabili, ma quanto ci vorrà? E
soprattutto sarà possibile realmente soddisfare l’intera richiesta
energetica con fonti rinnovabili?
Tutto questo ci dice che purtroppo il vecchio detto “tra il dire e
il fare c’è di mezzo il mare” è ancora maledettamente attuale, e che
certe trasformazioni richiedono molto tempo e devono avvenire con
naturalezza, altrimenti i danni saranno superiori ai benefici.
La strada giusta quindi era unire le forze, continuare a spingere al
progresso delle tecnologie attuali, e nel contempo lavorare per far
crescere le nuove tecnologie, in questo modo non si sarebbe perso un
mondo di conoscenza, ma anzi lo si sarebbe spinto a fare un
ulteriore passo in avanti, e si avrebbe avuto il tempo per
sviluppare e preparare il nuovo sistema economico-produttivo in
maniera ottimale.
Invece così avremo un blocco di progresso, in quanto si dovrà
convivere per tanti anni con una vecchia tecnologia priva di
sviluppi, in attesa che quanto “pensato” si possa realmente
concretizzare senza determinare ulteriori problemi, il che è tutto
da verificare.
IDEE
L’energia necessaria per la mobilità è direttamente proporzionale al
peso e alle dimensioni dei veicoli. Escludendo il trasporto pesante
dove dimensioni e peso sono obbligate dalle funzioni che stanno
svolgendo, per quanto riguarda il trasporto di persone le auto
risultano sovradimensionate, sia prendendo in esame le
caratteristiche delle strade italiane, sia per i limiti di velocità
imposti sulle stesse.
Normative quindi che avessero spinto verso la
produzione di autovetture più contenute e leggere e con potenze
proporzionate alle reali condizioni di utilizzo, avrebbero
immediatamente consentito di ridurre le emissioni inquinanti anche
senza nessun progresso tecnologico.
Si sarebbero ottenuti anche
ulteriori vantaggi correlati:
- minor peso significa minor carico sulle strade e quindi
minor usura del manto stradale |
- limitazione naturale della velocità e quindi riduzione
della pericolosità dei veicoli |
- maggiore agilità sulle
strade tortuose del territorio italiano |
- minori spazi
occupati nei parcheggi |
Gli altri aspetti normativi invece
dovevano continuare a spingere per migliorare i due aspetti critici
del motore a combustione interna:
- efficienza, in quanto
ad oggi a seconda del tipo di motorizzazioni, si riesce a sfruttare
solo il 36-48% dell’energia consumata |
- emissioni
inquinanti |
Per quanto concerne il miglioramento dell’efficienza le
problematiche su cui intervenire sono ben note a tecnici ed
ingegneri, su tutte:
- combustione |
- scambio termico |
- temperatura gas di scarico |
Per ognuna di queste,
università e centri di ricerca, hanno già intrapreso da anni studi
di soluzioni innovative, si tratterebbe quindi di spingere questi
sviluppi ed intensificare nuovi studi in queste direzioni.
Per la
riduzione delle emissioni inquinanti, già con l’adozione di veicoli
più compatti della giusta potenza, unitamente ad un miglioramento
dell’efficienza, si potrebbero fare grandi progressi, inoltre si
potrebbero proseguire ed intensificare gli studi sulla filtrazione e
la trasformazione chimica degli inquinanti, già portati avanti sia
in questo, sia in altri settori.
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